Ivo Andric, scrittore e diplomatico bosniaco nato a Travnik nel 1892 è noto per il suo romanzo più famoso, Il ponte sulla Drina, che narra la convivenza tra culture diverse in Bosnia dal 1500 fino alla Prima guerra mondiale.
E’ stato riconosciuto come uno dei massimi autori jugoslavi di tutti i tempi. E’ l’unico ad aver ricevuto, nel 1961, il Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “per la forza epica con la quale ha tracciato temi e descritto destini umani tratti dalla storia del proprio Paese”.
Autore di romanzi, poesie in prosa e numerosi racconti, Andric pubblicò “Il ponte sulla Drina” alla fine del secondo conflitto mondiale, nel marzo del 1945. Nel giro di pochi mesi pubblicò altri due romanzi: “La cronaca di Travnik” a settembre e “La signorina” a novembre dello stesso anno. Sempre nel dopoguerra pubblicò anche diversi saggi su scrittori serbi e memorie di viaggio.
Molte delle sue opere hanno come tema centrale le esperienze di vita e le abitudini del popolo bosniaco, costituito da una variegata multiculturalità dovuta alla convivenza di etnie e religioni diverse: ortodossi, ebrei, musulmani e cattolici. Se vuoi vedere tutti i suoi libri su Amazon clicca qui.
Scrisse il ponte sulla Drina
Il romanzo “Il ponte sulla Drina” fu scritto tra il 1942 e il1943, nel mezzo della Seconda guerra mondiale a Belgrado, quando Andric viveva da solo in un appartamento in centro città. Qui lo scrittore diede vita ad un’opera corale che parte dall’inizio del 1500 ed arriva fino al primo conflitto mondiale. Fu il suo primo romanzo, scritto dopo molti racconti brevi.
La prosa lenta ma efficace si incentra sul ponte sul fiume Drina, considerato da molti metafora della Jugoslavia che rappresenta a sua volta un ponte tra Occidente e Oriente. Andric in questo romanzo ha saputo esprimere l’incontro tra le varie religioni e le culture slava e ottomana.
L’indiscusso protagonista di tutta la storia è il ponte Mehmed Pasa Sokolovic nella cittadina di Višegrad, che separa oggi Bosnia e Serbia. Si tratta di un ponte fatto costruire a metà del 15° secolo da Mehmed Pascià Sokolovi, rappresentante dell’Impero Ottomano.
La sua storia lo vede rapito e portato via dalla Bosnia da piccolo per essere trasferito a Istanbul ed educato alla corte del sultano. Devscirme, questo il nome della pratica appena descritta, molto diffusa a quel tempo, lo porterà poi a diventare Visir e ad essere inviato nuovamente, come importante funzionario dell’Impero, nella sua zona natale.
Il ponte sulla Drina è il centro del romanzo intorno al quale si dipanano le vicende di tutta la città e del suo popolo. E’ un libro storico che parte dal momento della costruzione del ponte ed arriva fino alla sua distruzione.
In mezzo le vicende di etnie e religioni diverse che convivono pur avendo momenti di rivalità. Turchi, ebrei, musulmani e cattolici abitano la città e nel corso degli anni devono fare i conti con momenti storici favorevoli o sfavorevoli ad una o all’altra etnia o credenza religiosa. Queste avversità mettono a rischio la convivenza tra di loro ma è sempre il ponte sulla Drina il simbolo di unità che li accomuna.
Il ponte è dell’intera città e di tutte le comunità che la abitano: è la loro grande forza che li unisce e non li divide, nonostante le difficoltà che si presentano nel corso dei secoli. Nei momenti peggiori vissuti in occasioni di grandi eventi storici per tutta la zona balcanica e per l’Europa il ponte sulla Drina fa da collante e abbraccia simbolicamente sotto le sue arcate la multiculturalità della sua gente. Nel 1799 una terribile alluvione colpì Visegrad e la Drina straripò provocando danni enormi. Ma il ponte resistette ed è da lì che gli abitanti ripartirono per ricostruire insieme la città distrutta.
Nella lunga storia del ponte non mancarono anche atti violenti come le esecuzioni che giornalmente venivano eseguite proprio sotto le sue arcate. La vita a Visegrad continuò ad andare avanti, con i periodi belli e quelli bui, sempre con la “porta” del ponte che rimaneva accessibile a tutti, acogliendo tutte le etnie e le religioni diverse.
Il libro termina con la distruzione parziale del ponte, evento doloroso che colpisce indistintamente tutti i popoli della città e che decreta una sconfitta simbolica: la perdita di un filo che univa tutte le genti dei territori balcanici.
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